“Siate soprattutto uomini fino in fondo. Anzi fino in cima! Perché essere uomini fino in cima significa essere santi. Non fermatevi perciò a mezza costa. La santità non sopporta misure discrete”.
In queste parole di don Tonino – rivolte all’Azione Cattolica di Molfetta nel 1990 – troviamo sintetizzato il senso stesso della sua vita e della sua santità: essere uomo fino in fondo e fino in cima. A questo ho pensato anche in occasione delle solenni celebrazioni durante le quali, a Molfetta lo scorso 15 gennaio e il giorno successivo ad Alessano, alla presenza del cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione per le cause dei santi, è stato letto il decreto di Papa Francesco con il quale il servo di Dio don Tonino Bello viene riconosciuto e dichiarato “venerabile”.
Personalmente ho partecipato all’appuntamento del 16 gennaio ad Alessano e ho potuto avvertire nel calore di quell’assemblea liturgica la vibrazione corale di una gioia intrisa di fierezza popolare e di commossa gratitudine per l’illustre conterraneo da tutti e da sempre considerato un grande uomo e contemporaneamente un grande santo.
La sua genuina umanità, la sua voce poetica e profetica, il profumo delle sue “virtù teologali e cardinali” , continuano ancora ad attrarre tanta gente, a suscitare speranza e a provocare scelte coraggiose, coerenti con la fede e con le beatitudini del Vangelo.
Mi sembra questo il senso più autentico della sua dichiarata venerabilità, al di là di quanto questo possa significare dal punto di vista strettamente giuridico e canonico nell’ambito ecclesiale. La sua forma di vita può essere considerata la vera grande eredità spirituale consegnata a quanti, come lui, continuano ad avvertire oggi le stesse passioni di umanità, si coinvolgono nelle stesse scelte di campo dalla parte dei poveri e condividono gli stessi sogni diurni della pace come “convivialità delle differenze”.
Nelle ultime ore della sua giornata terrena, tra lancinanti e persistenti dolori, con un filo di voce, ci incoraggiava ripetutamente a proseguire sulla stessa strada, in parte già percorsa insieme, dicendo che lui stesso ci avrebbe ancora in qualche modo accompagnati, e abbozzando un sorriso amichevole, aggiungeva: “consideratemi sempre in mezzo a voi, Io sono e rimarrò sempre iscritto a Pax Christi…”.
Penso allora che il modo migliore per onorare don Tonino non sia tanto l’omaggio cultuale o l’invocazione di favori celesti, quanto piuttosto il voler vivere nel nostro tempo le stesse tensioni profetiche e le stesse visioni eutopiche che hanno ispirato tutto il suo essere e il suo agire.
Ciò comporterà sicuramente un supplemento di impegno e di responsabilità per costruire, come credenti, una Chiesa sinodale per camminare “insieme, alla sequela di Cristo, sul passo degli ultimi“.
E sarà altresì un ulteriore impegno a diventare sempre più, a tutti i livelli – sociali, politici e culturali – artigiani e architetti di pace e di giustizia, con le strategie della nonviolenza attiva e creativa, nella prospettiva di un’ecologia pienamente umana, integrale e planetaria.
Ricordare don Tonino è dare più voce e seguito più concreto ai ripetuti e accorati appelli di Papa Francesco contro il continuo incremento delle spese militari (in Italia per il 2022 è prevista una spesa di circa 26 miliardi di euro, con un incremento del 3,4% rispetto allo scorso anno e un balzo di circa 20% in tre anni) e contro il commercio delle armi che alimenta la spirale perversa di guerra, miseria, distruzione ambientale, migrazioni e stragi di innocenti, spesso sconosciute o dimenticate.
“Sentinella di pace”, potrebbe stimolarci oggi a chiedere con più forza alla nostra Italia di ratificare il trattato delle Nazioni Unite, già in vigore da un anno, per mettere al bando le armi nucleari.
E poi ancora fare pressione perché l’Europa adotti politiche migratorie più accoglienti e integrative, superando la logica dei muri e dei respingimenti, riconoscendo concretamente la dignità di ogni persona e il rispetto dei Diritti Umani di tutti.
Citare i testi del grande ” vescovo fatto popolo” e aggiungere eventualmente al suo nome la locuzione “di venerata memoria”, deve farci sentire promotori instancabili della cultura del dialogo e dell’incontro, coinvolgerci in un patto educativo globale che formi le nuove generazioni a relazioni inclusive e solidali, in vista di una pace stabile e duratura, nello spirito dell’enciclica “Fratelli tutti”.
In definitiva venerare don Tonino, specialmente per i cristiani e per le comunità ecclesiali, significa assumere come impegno e opzione fondamentale di vita lo stesso progetto che ha ispirato integralmente la sua esistenza terrena: “Ama la gente, i poveri soprattutto e Gesù Cristo. Il resto non conta niente”.