E’ passato un anno da quando questa guerra domina i nostri giorni. Le previsione del paese aggressore si sono rivelate del tutto infondate: questa ” operazione militare speciale ” doveva durare pochi giorni , invece non si intravede la fine né una via di uscita. La situazione è bloccata , i numeri impietosi, ( secondo alcune fonti 400.000 soldati impiegati sui due fronti, 100.000 morti e feriti per parte ) , il futuro non prevedibile ! I potenti detta terra hanno iniziato questa guerra ma ora non sanno come farla finire. Mi vengono in mente le parole di don Tonino al rientro da Sarajevo: la speranza del mondo, di questo mondo, affidata al popolo, ai poveri. E’ il popolo che deve ribellarsi alla guerra! Seriamente malato e consapevole che i suoi giorni stavano per finire Tonino Bello va a Sarajevo. Si riaffacciavano proprio in quei giorni nella nostra Europa, i fantasmi del nazionalismo , della razza, del peso della storia, della pulizia etnica: fantasmi con i quali oggi stiamo facendo drammaticamente i conti e che invece credevamo aver sepolto per sempre. Viviamo giorni bui che ci riportano con il pensiero indietro di un secolo: l’Europa sonnambula del 1914 precipitava, senza piena consapevolezza, verso la triste stagione bellica che per trent’anni seminò morte e distruzione nel mondo. Alle macerie si aggiunse anche lo spettro dell’apocalisse atomica. Così oggi: il pianeta piagato dalle conseguenze dei cambiamenti climatici, da una pandemia che semina morte, da una guerra che infiamma anche il nostro continente. Come sonnambuli, vaghiamo senza storia , senza memoria: la generazione che ha vissuto gli anni della grande guerra non c’è più e nessuno avverte il dramma che incombe sul nostro pianeta! Viviamo dentro una dannata contraddizione: una terra divisa da più conflitti ma sempre più unita da un comune drammatico destino, quello dell’auto-annientamento globale dell’umanità, determinato dal rischio nucleare e dalla catastrofe ecologica. Siamo dentro ad nuovo paradigma, quello della interdipendenza planetaria che ci dovrebbe portare ad una considerazione nuova: dinnanzi alla guerra non è detto che ci sia un vincitore ed un vinto ma tutti potremmo uscire sconfitti per sempre. Lo aveva intuito lo stesso Einstein già nel 1946. E il 23 maggio di quell’ anno mandò un messaggio alle autorità degli Stati Uniti per dire che ” la liberazione della potenza dell’atomo ha cambiato ogni cosa fuorché il nostro modo di pensare e così noi siamo trascinati verso una catastrofe senza precedenti “. Concetto ribadito dopo l’esplosione sull’atollo di Bikini, nell’oceano pacifico nel 1954 , dove fu fatta esplodere una bomba a scopo sperimentale e non per esigenze belliche: l’evento, che provocò non poche conseguenze sull’ambiente, trovò l’occidente indifferente anzi incuriosito, peggio divertito, al punto tale da trarne motivo per chiamare una bella attrice, Rita Hayworth, l’atomica, e dare al suo audace costume da bagno il nome Bikini , associando in maniera assurda la bruttura della guerra alla bellezza del corpo di una donna che quel costume intendeva esaltare. Il 9 luglio dello stesso anno lo scienziato pubblica un Manifesto dove ribadisce che l’atomica sarebbe stata in grado di portare alla ” morte universale ( ma ) gli individui faticano a immaginare che a essere in pericolo sono loro stessi, i loro figli e nipoti e non solo una generica umanità “. E conclude: ” Ci appelliamo , in quanto esseri umani, ad altri esseri umani : ricordate la vostra umanità, e dimenticate il resto “. E allora deve essere interesse di tutti fermare la guerra, anzi le guerre, anteporre le ragioni della pace alle ragioni della guerra: lavoriamo tutti per una nuova Europa, che non escluda nessuno, denunciamo il commercio delle armi, aderiamo alla campagna contro le banche armate , promuoviamo l’obiezione fiscale, chiediamo ai nostri politici l’impegno perché lo Stato italiano firmi il trattato di non proliferazione nucleare e abolisca il segreto militare in tema di riarmo e armamenti. Svegliamoci. Non c’è più tempo: o si cambia o si muore.
Giancarlo Piccinni
Presidente della Fondazione don Tonino Bello