di Giancarlo Piccinni
Sono trascorsi 30 anni (era il 21 Febbraio del 1991) dal giorno in cui Don Tonino Bello , partecipando in prima serata sulla Rai a Samarcanda, il talk show televisivo allora più seguito, parlò di nuovo ordine economico internazionale. Al centro della discussione c’era la guerra del golfo: per i più guerra giusta, necessaria , se non addirittura, guerra santa! Tante le motivazioni addotte dagli uomini più rappresentativi della politica, della cultura , della stessa Chiesa. Don Tonino sposta l’orizzonte della discussione : parla di economia come vera causa della guerra e delle disuguaglianze inammissibili. Attorno a lui una nube di indifferenza , incomprensione, insofferenza! Così aveva detto nel corso di un’intervista rilasciata qualche giorno prima di quell ‘ evento e pubblicata su Luce e Vita : ” Oggi si va invocando da più parti il cosidetto Nuovo ordine economico internazionale . Una ridiscussione radicale , cioè, di tutte le leggi dell’economia. Visto che il sistema economico attuale produce sacche di nuova miseria da una parte e concentrazione di risorse nelle mani di poche dall’altra, occorre ridefinire i capisaldi normativi che finora hanno sorretto l’economia di mercato fondata sul profitto e sulla massimizzazione del profitto. Non si tratta di piccoli aggiusti. Si tratta di una rifondazione , che torni a mettere l’uomo al centro di tutto e al di sopra di tutto ” . Dobbiamo oggi riconoscerlo con onestà: la nostra epoca non è più figlia della rivoluzione francese. Non perchè i suoi valori fondanti non sono vissuti ma semplicemente perchè libertè, egualitè, fraternitè nonsono oggi più considerati valori! Le teorie neoliberiste degli ultimi anni impongono la disuguaglianza come cosa buona e giusta perchè intrinseca all’animo umano oltre che utile ai fini del progresso, vantaggiosa sia a chi ha tanto sia a chi ha niente. E’ la teoria dello sgocciolamento alla base della idea della crescita : ogni goccia che cade dal bicchiere strapieno dei ricchi sarà vantaggiosa per i più bisognosi. Siamo lontani dalle nobili idee keynesiane che avevano consentito all’ umanità negli anni trenta del secolo scorso di uscire dalla grande crisi attraverso una ridistruzione del reddito e l’attuazione di politiche economiche che promuovevano opere pubbliche e servizi sociali, anche grazie ad una tassazione progressiva.
Tutto questo mentre assistiamo ad un fenomeno sociale fino a pochi anni fa ritenuto inammissibile: se negli ultimi decenni del 1900 la forbice retributiva tra un amministratore delegato di una grande impresa e il salario di un operio della stessa era pari a 20:1 , con l’esplodere delle politiche neoliberiste la stessa è aumentata a dismisura sino a rapporti di 1000 :1 o 2000:1, ( e qualche grande industriale italiano guadagna oggi più 10.000 volte di più di un suo dipendente ). E se nel 1974 , in Italia , il fisco prevedeva 32 aliquote progressive, oggi è proposta quale soluzione alla crisi la flat tax ( la tassa piatta ) : i ricchi diventeranno sempre più ricchi e più gocce potranno sgocciolare dal bicchiere stracolmo o più briciole cadere dalla tavola per i tanti lazzari della terra. L’illusione è quella della alta marea, che solleva sia le navi che le piccole barche ( che invece con l’alta marea affonderanno, nella indifferenza e nella menzogna generale ! )
Siamo convinti che le disuguaglianze prodotte dalle politiche che in questi anni hanno smantellato lo stato sociale siano all’origine di tutti i problemi che stanno minacciando le nostre democrazie e la stessa convivenza pacifica. Questa crescita delle discriminazioni e delle disuguaglianze è dovuta al crollo della politica oggi più che mai insufficiente e assoggettata alle leggi del mercato.
Rifondare il pensiero politico significa quindi ridare centralità al progetto dell’ uguaglianza , perchè come scrive Luigi Ferrajoli nel libro Manifesto per l’uguaglianza ” è nell’interesse di tutti – perfino , nei tempi lunghi, dei più ricchi e potenti – che la politica ponga un freno, con un’ equa distribuzione della ricchezza socialmente prodotta, alla sua iniqua distribuzione capitalistica e alla sua appropriazione da parte di pochi e sempre di più pochi. Per questo è una necessità di ragione , oltre che un dovere morale e un obbligo giuridico, che la politica prenda finalmente sul serio il principio di uguaglianza: colmando, a livello non solo statale ma anche internazionale, quella gigantesca lacuna di garanzie e istituzioni di garanzia dei diritti fondamentali dalla cui effettività dipende il futuro della pace, della democrazia e della generale sicurezza.”
La pandemia che ancora ci affligge ha aggravato la disuguaglianza, anzi sembra che il coronavirus abbia già prodotto un altro virus, il “ virus della disuguaglianza “. A denunciare questa situazione non è soltanto il papa , il quale nel corso della udienza generale del 26 agosto del 2020 ha affermato che ” questi sintomi di disugaglianza rivelano una malattia sociale, è un virus che viene da un’economia malata ” ma anche istituti laici che studiano l’economia mondiale e oggi ci mettono in guardia con le loro analisi impietose. La pandemia ha generato morte e aggravato le condizioni di disuguaglianza già esistenti nel nostro pianeta. Il report diffuso dall’Oxam in occasione del World Economic Forum di Davos evidenzia come ” grazie ad un sistema economico iniquo un’élite di miliardari ha continuato a accumulare ricchezza nel corso della più grave crisi dai tempi della Grande Depressione mentre miliardi di persone sono state spinte sull’orlo della povertà “. Nel mondo i 10 ( dieci!) uomini più ricchi hanno visto la loro ricchezza aumentare di 540 miliardi di dollari dall’inizio della pandemia, tanti quanti sarebbero sufficienti a garantire il vaccino a tutti gli abitanti del pianeta e ad evitare che nessuno cada in povertà a causa della pandemia. E le previsioni non sono incoraggianti. La direttrice dell’ Oxfam international sostiene che ” potremmo assistere ad un aumento esponenziale delle disuguaglianze, come mai prima d’ora. Una distanza profonda tra ricchi e poveri da rivelarsi più letale del virus stesso “.
Siamo arrivati ormai ad un punto di non ritorno. O si cambia o si muore . Secondo Gaetano Filangieri, giurista e pensatore del Regno delle due Sicilie, ” lo sviluppo economico è strettamente collegato a istituzioni rispettose dei diritti, capaci di abolire privilegi e permettere un’equa distribuzione delle ricchezze ” . In tempi come questi, forse , è meglio far riferimento a pensatori del passato . Possiamo trarre lezioni più fruttuose.