«Strana presenza di un cristiano pio e franco al ministero dal linguaggio ambiguo»: con questo e altri titoli venne “salutato” nel 1948 l’ingresso di Robert Schuman in quel ruolo di ministro degli esteri che gli avrebbe consentito di dare inizio al processo di unificazione europea.
Nel 2012 l’Unione Europea ha ricevuto il Premio Nobel della Pace per aver contribuito a trasformare l’Europa da un continente di guerra in un continente di pace.
La “Dichiarazione Schuman” del 9 maggio 1950 ha effettivamente cambiato la logica internazionale europea. Se l’assolutizzazione dello Stato-nazione che vuole “occupare spazi” ha portato a due guerre mondiali, per Schuman – come per Adenauer e De Gasperi – l’Europa ha un futuro solo se «inizia processi di solidarietà e collaborazione tra i popoli verso una sempre più profonda unità politica».
Schuman nacque il 29 giugno 1886 a Clausen in Lussemburgo, ma dichiarava di essere “loreno”, cioè appartenente a quella terra di confine tra la Germania e la Francia che, in meno di ottant’anni, aveva cambiato quattro volte l’appartenenza nazionale.
Studiò giurisprudenza in Germania, a Bonn, dove entrò nella “Scientific Catholic Student Association Unitas-Salia”, devota al pensiero di Tommaso d’Aquino e all’enciclica sociale “Rerum novarum” di Leone XIII.
Da quell’esperienza Schuman imparò molto, e il 2 dicembre 1948, di fronte all’Assemblea nazionale, affermò di immaginare «un’Europa che comprenda tutte le nazioni pacifiche, un’Europa con una struttura che sia essa stessa garanzia permanente per la pace e per l’uguaglianza dei diritti di tutti i suoi membri».
Tale visione faceva parte del cattolicesimo politico e sociale, e le due guerre mondiali non avevano cancellato quei valori. Per questo Schuman, Adenauer e De Gasperi trovarono il coraggio di affermare che era giunto il momento di realizzare una nuova Europa.
Schuman propose un progetto inedito e cioè l’istituzionalizzazione di un’integrazione politico-economica sovranazionale fondata sulla solidarietà, sulla sussidiarietà e sul bene comune. Un principio che era già stato formulato nell’enciclica “Quadragesimo Anno” di Papa Pio XI (1931), e che nel 1992 venne accolto nel Trattato di Maastricht come logica strutturale dell’Unione Europea.
Non lo Stato-nazione è la categoria di riferimento per un politico di spirito cristiano, ma la solidarietà universale che supera i confini, persino quelli del “nemico storico”.
La fede profonda e personale di Schuman – che trovava espressione nella partecipazione quotidiana alla Messa – costituiva un fondamento imperturbabile per mettersi al servizio del bene comune dei popoli europei.
«Noi non avremmo intrapreso nulla se non avessimo avuto fede nella giustezza delle nostre idee», si legge nel suo “testamento” Pour l’Europe del 1963.
A seguito della “Dichiarazione Schuman” il 18 aprile 1951 nacque la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA). Poi nel 1957 vi fu la firma dei “Trattati di Roma”, anche se Schuman non era più ministro degli esteri.
Nel 1958 divenne primo presidente dell’Assemblea parlamentare europea, creata dai “Trattati di Roma” al posto dell’Assemblea comune della CECA. Istituzione che oggi prende il nome di Parlamento europeo.
Molte delle istituzioni dell’Europa odierna sono prefigurate nella CECA del 1951: la Commissione europea, il Consiglio dell’Unione europea, la Corte di giustizia dell’Unione europea.
Schuman può quindi essere considerato a tutti gli effetti – insieme ad Adenauer e De Gasperi – il “padre” dell’Unione Europea.
«L’ho fatto perché credo ai fondamenti cristiani dell’Europa»: questa era la convinzione basilare di Schuman, che fu descritto dai suoi contemporanei come una persona mite e semplice, precisa e meditativa, dotata di grande umanità.
Per sfuggire ai nazisti, nell’agosto del 1942 si rifugiò nell’Abbazia benedettina di Ligugè, dove, nonostante le minacce in corso, ritrovò una condizione di serenità.
La sua vicinanza ai luoghi della spiritualità benedettina fu costante. Già prima della guerra faceva parte di un “circolo di amici” dell’Abbazia Maria Laach, insieme a Romano Guardini, Heinrich Bruning e Alois Dempf.
Schuman è considerato, a ragione, un vero testimone della politica vissuta come «forma alta della carità», secondo l’espressione di Pio XI e Paolo VI, citata anche da Papa Francesco.
Questa sua coerenza al servizio di popoli e nazioni, testimone della politica come strumento di carità, pace e libertà, ha indotto la Chiesa cattolica a riconoscere le sue virtù eroiche e a riconoscerlo, il 19 giugno 2021, come “Venerabile”.
di Markus Krienke