martedì, 30 Maggio 2023
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Spunti per un discernimento politico

Da cinquanta personalità cattoliche

Firmatari:
Maurizio Ambrosini, Celestina Antonacci, Enzo Balboni, Maria Cristina Bartolomei,
Rosy Bindi, Maria Pia Bozzo, Luisa Broli, Luigino Bruni, Luciano Caimi, Fabio Caneri,
Alessandro Castegnaro, Vannino Chiti, don Luigi Ciotti, don Virginio Colmegna,
Giovanni Colombo, Paolo Corsini, Matteo Cosulich, Fulvio De Giorgi, Gian Candido De
Martin, Giuseppe Elia, Guido Formigoni, Piero Grasso, Antonio Greco, Alberto Guariso,
Martino Liva, Ivo Lizzola, Mimmo Lucà, Emiliano Manfredonia, Luigi Mapelli, David
Mattiello, Eugenio Mazzarella, Pierluigi Mele, Margherita Miotto, Daniela Mazzuconi,
Massimo Minelli, Franco Monaco, Sergio Parazzini, Savino Pezzotta, Giancarlo
Piccinni, Luigi Pizzolato, Maurizio Portaluri, Franco Prandi, Franco Riboldi, Daniele
Rocchetti, Emanuele Rossi, Laura Rozza Giuntella, Lucio Romano, Renata Storari,
Maria Grazia Tanara, Chiara Tintori, Livia Turco, Roberto Zaccaria


Alla vigilia delle imminenti elezioni si è riaperta una vecchia disputa intorno al
peso/rilevanza dei cattolici nella politica italiana. Non ci è dato qui di tematizzare la
questione. Ci limitiamo a marcare le distanze da due opposti approcci: quello di chi
coltiva una sterile nostalgia per un tempo rappresentato (assai approssimativamente)
come segnato dalla “egemonia cattolica” e comunque da una sostanziale unità politica
dei cattolici, oggi non più riproponibile; o quello di chi, all’opposto, teorizza la pratica
insignificanza di una ispirazione cristiana nell’azione politica. Ci riconosciamo semmai
nel cenno riservato alla questione da parte del cardinale Parolin, secondo il quale la
politica vanta una sua autonomia che va onorata e dunque i cattolici, come singoli o
come gruppi, possono e devono liberamente e laicamente aggregarsi su base politica
(non confessionale) senza tuttavia rinunciare – così Parolin – a una loro originale istanza
profetica. La quale, sia chiaro, può generare orientamenti politici e militanze diverse. A
ben vedere non tutti compatibili con una pregnante ispirazione cristiana. Quanto segue,
dunque, non vanta pretese di esclusività, ma riflette solo il punto di vista dei soggetti
sottoscrittori.


Può darsi che si esageri quando si stabilisce un paragone tra la portata della contesa
elettorale imminente e quella del 1948. Taluni paventano minacce alla nostra
democrazia. Di sicuro un serio problema per la salute della democrazia è rappresentato
dalle dimensioni dell’astensionismo a contrastare il quale certo non contribuisce lo
spettacolo avvilente offerto dai partiti nel compilare le liste dei “nominati”. All’insegna
dei “paracadutati” e dell’affannosa corsa ai posti garantiti. Partiti ridotti a oligarchie
autoreferenziali, ricettacolo di un ceto politico proteso a perpetuare se stesso. Dunque,
non è priva di fondamento la preoccupazione per le sorti del nostro paese. Almeno sotto

tre profili: talune pulsioni illiberali, la collocazione geopolitica dell’Italia, la
prospettazione di ricette demagogiche che condurrebbero il paese al default. L’opposto
della sobria raccomandazione del Papa circa le elezioni italiane condensata in una
parola: responsabilità! Giusto perciò iscrivere il giudizio politico nel quadro di tali
motivate preoccupazioni. Senza però trascurare priorità programmatiche che ci
permettiamo di segnalare.


In primo luogo, i tre grandi scenari, tra loro strettamente intrecciati, della pace, della
giustizia sociale e della salvaguardia della biosfera, che rivestono una priorità assoluta
sul piano globale, continentale e locale, ma per nulla centrali nei programmi elettorali.
Difetta una visione del futuro; difettano, insieme, la speranza e la responsabilità.
La questione sociale in senso lato, secondo tutti gli analisti, già nei prossimi mesi,
assumerà dimensioni drammatiche: povertà, precarietà, disoccupazione, redditi più bassi
per i lavoratori, disuguaglianze. A fronte di questo scenario vanno stigmatizzate tutte le
offerte politiche che da un lato disegnano politiche fiscali insostenibili e inique, per altro
in contrasto con il principio costituzionale della progressività, oltre a sanatorie e condoni
che minano senso civico e di giustizia; dall’altro che vorrebbero abolire (e non semmai
rimodulare) lo strumento di contrasto alla povertà del reddito di cittadinanza. In sostanza
un depotenziamento del welfare in una congiuntura che semmai prescriverebbe al
contrario una sua estensione.


La questione ambientale e del contrasto al cambiamento climatico. Dai più solo
retoricamente evocata, nonostante la sua portata epocale e urgente attestata sia dalla
comunità scientifica sia dalla comune esperienza di eventi estremi sempre più frequenti e
sconvolgenti. Bisogna evitare che l’emergenza energetica attuale blocchi ancora una
volta la transizione verde necessaria. Trattasi di una sfida cui sono particolarmente
sensibili i giovani di ogni latitudine e da inscrivere, a tutti gli effetti, nell’orizzonte della giustizia tra le generazioni.

Il nesso tra questione sociale e questione ambientale è la tesi cardine del magistero di Francesco, sotto il titolo di “ecologia integrale”, svolto nella Laudato si’ e nella Fratelli tutti.
La guerra, quasi scomparsa nel confronto elettorale. L’inequivoco giudizio sulla
responsabilità di essa e sul diritto alla legittima difesa non ci esonera dalla ricerca
incessante e tenace di vie negoziali e dal dovere di non avallare una concezione del
conflitto che punti irrealisticamente all’annientamento dell’avversario (come nelle guerre
totali novecentesche) o addirittura a una escalation bellica. Le alleanze politico-militari,
nel nostro caso la Nato, non ci devono impedire di fare valere il nostro punto di vista
(trattandosi appunto di alleanze). Nel quadro di un’Occidente di cui riconosciamo i
valori, ma che non possiamo intendere come un blocco contrapposto al resto
dell’umanità in sviluppo, il nostro ruolo è costruire un autonomo protagonismo
dell’Europa i cui interessi e i cui valori non sempre né necessariamente coincidono con
quelli degli Usa. Abbiamo bisogno di più Europa, e di un’Europa più solidale, che renda
stabile l’intuizione di NextGenEu. La prospettiva epocale di civiltà, per la quale
dobbiamo cercare un più forte impegno di razionalità collettive politiche, deve assumere

come orizzonte il rilancio della cooperazione multilaterale internazionale nel quadro
dell’Onu, la riforma dei processi di globalizzazione, il superamento della guerra, il
disarmo e la smilitarizzazione, la comprensione internazionale, il contrasto alla
produzione e al commercio delle armi.


Tale orizzonte decisivo, che lega insieme pace, giustizia sociale e salvaguardia
dell’ambiente, richiama ulteriori questioni di fondo.


L’immigrazione. Trattasi di questione epocale, non di un’emergenza, che dunque esige
visione di lungo periodo e cooperazione internazionale. Da gestire con realismo e senso
di responsabilità, ma senza infondati allarmismi. Mirando a una immigrazione regolare
grazie a flussi programmati e alla salvaguardia del diritto d’asilo, così come prescrive la
Costituzione, collaborando con le ONG impegnate nei salvataggi delle vite umane in
mare. Va stigmatizzata l’azione di chi cavalca il problema in chiave elettoralistica
facendo leva su paura e pregiudizi. Sono per converso da apprezzare quanti si
impegnano in politiche di integrazione articolate sul territorio. Gli economisti sono
concordi nel sostenere che, specie a causa del trend demografico, una immigrazione ben
gestita rappresenta una indispensabile risorsa per la nostra economia e per il nostro
Welfare. A cominciare dal sistema previdenziale e dalla sua sostenibilità nel lungo
periodo.


L’investimento su volontariato e terzo settore. Mai come oggi si richiede di preservare il
carattere universalistico del nostro Welfare. Il che prescrive un assetto dei grandi servizi
volti a soddisfare fondamentali bisogni-diritti – esemplarmente la sanità, l’istruzione,
l’assistenza – imperniato su un ben inteso primato del pubblico. Un primato che tuttavia
non si deve tradurre in un monopolio statale nella gestione dei servizi. I complementari
principi di solidarietà e sussidiarietà prescrivono una cordiale collaborazione tra
pubblico e privato-sociale. Solo così è possibile scongiurare la burocratizzazione della
rete dei servizi e dare corpo a un welfare comunitario integrato da pratiche mutualistiche
di reciproco aiuto.


La famiglia. Essa abbisogna di un complesso organico di politiche mirate a mettere in
condizione i giovani di farsi una famiglia. Misure che attengono alla formazione, al
lavoro, alla casa, al sostegno alla maternità, agli asili nido, alla difficile conciliazione tra
famiglia e lavoro che scontano soprattutto le donne. Notoriamente la bassa
partecipazione femminile al mercato del lavoro, con cospicui riflessi negativi sulla crescita, è una delle non invidiabili peculiarità italiane.


La legalità e la lotta alle mafie che affliggono ormai l’intero territorio nazionale.
L’impressione è che, al netto dei rituali, si sia sensibilmente abbassata la soglia della
vigilanza da parte di politica e istituzioni. Sia nella concreta azione di contrasto ad esse,
sia nella attiva promozione di una cultura della legalità a tutti i livelli. Solo due esempi:
candidature borderline e la sfacciata proposta di sanatorie e condoni, un colpo mortale al
dovere morale e civile della fedeltà fiscale.


Infine, si richiede di vigilare sui capisaldi della nostra democrazia costituzionale.
Sarebbe contraddittorio, nel mentre si rivendica la differenza tra i nostri regimi liberali e
le autocrazie, cedere alla spinta alla verticalizzazione del potere, al depotenziamento
degli istituti di garanzia, alla terzietà del supremo organo arbitrale rappresentato dalla
presidenza della Repubblica. L’istituzione che, più di ogni altra, ha preservato una
fiducia presso l’opinione pubblica. Così pure sarebbe un errore assecondare disegni di
riforma ordinamentale che, sotto la voce “autonomia differenziata”, concorrano a
dilatare il divario economico-sociale tra nord e sud del paese. Un vulnus inferto al
principio dell’uguaglianza dei diritti in capo ai cittadini ovunque essi risiedano nel
territorio nazionale in coerenza con il dettato dell’art. 3 della Costituzione.


Trattasi solo di alcune priorità. Altre se ne dovrebbero aggiungere. Priorità tutte da
inscrivere nell’orizzonte programmatico-valoriale da assumere quale fondamento e
obiettivo di un’azione politica adeguata alle sfide del XXI secolo: l’europeismo e la
scelta prioritaria per il sostegno e lo sviluppo della cultura, dell’istruzione, della scuola
(dalla scuola dell’infanzia all’istruzione superiore, universitaria e post-universitaria). In
questa duplice priorità – Europa e cultura – sta il cuore della nostra stessa identità, del
nostro umanesimo, secondo un principio di fraternità, aperto a tutti e a tutte.
Sono solo spunti per un discernimento politico in vista di un appuntamento politicoelettorale che non possiamo disertare e che non ci è concesso di affrontare con
leggerezza.


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