Chi come me, lasciandosi guidare dalla mano esperta di don Salvatore Palese, si avventurerà con lui nel breve viaggio attraverso le vicende che hanno caratterizzato, tra settecento e ottocento, la storia religiosa di Alessano, al suo rientro da questa suggestiva irruzione nel passato, si vedrà sopraffatto da almeno tre incontenibili sentimenti.
Innanzitutto un sentimento di ammirata gratitudine verso l’autore della presente monografia che, pur non essendo del luogo, ne ha studiato con tanta passione un frammento di storia, da costituire col suo esempio, per noi alessanesi, se non un tacito rimprovero, certamente uno stimolo: lo stimolo a riscoprire nella vitalità delle epoche passate il dovere e le ragioni di un più maturo impegno nel presente. La nostra riconoscenza verso don Salvatore, però, si giustifica con motivazioni che vanno ben oltre la spronante esemplarità offertaci dal suo lavoro. Egli, infatti, ponendo ordine nell’intrico dei documenti, traccia con stile del pioniere e con la sicurezza del ricercatore consumato, la strada da battere per chi voglia esplorare , dal seicento in qua, la storia di Alessano. C’è da augurarsi che i giovani studiosi locali sappiano ripagare le fatiche di don Salvatore portando a maturazione , con la stessa serietà scientifica, le gemme, cariche di promesse, intuite da lui.
In secondo luogo affiora nell’animo , a lettura finita, un sentimento di non ben precisata tristezza. E’ come se scorgessimo nel racconto delle ambizioni velleitarie dei nostri padri, nella trama dei loro progetti irrealizzati, nel sussulto dei loro entusiasmi delusi, l’anamnesi malinconica dei nostri mali presenti. Sicché questa chiesa, questa nostra splendida chiesa, che sarebbe stata immensamente più bella se il superbo disegno di partenza fosse stato realizzato, diviene oggi, per noi alessanesi, l’emblema delle nostre frustrazioni attuali e il simbolo delle nostre aspirazioni quasi sempre geniali ma quasi sempre vanificate da chi sa quale fatalità o da chi sa quale maledetto residuo di atavica pigrizia. Ci vogliamo almeno augurare che dalle amare esperienze del passato, purtroppo ancora reviviscenti nelle contraddizioni del presente, le nuove generazioni possano trarre monito per ritrovare, nell’umiltà e nell’impegno, la strada di un più promettente futuro per la nostra Alessano?
E, finalmente , un sentimento di speranza. La speranza che tutti i cittadini, nell’imminenza di un radicale restauro della loro chiesa, la quale nonostante le mortificazioni e i ridimensionamenti subìti rimane sempre una delle più belle del Salento, sappiano imitare lo slancio, la genialità e l’ardimento profusi dai loro antenati, due secoli addietro, nel progettarla e nel costruirla. Solo così questo tempio tornerà ad essere per noi alessanesi, il segno tangibile di una più promettente ripresa, e non l’emblema sontuoso della nostra vocazione mancata.
don Tonino Bello